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Umberto VERDOLIVA
"La cantata dei giorni dispari"






Sono così sfuggenti e leggere le Fotografie di Umberto Verdoliva al primo sguardo ma in realtà poi così dense e pesanti di emozioni, di Poesia. Una Fotografia riflesso di una condizione interiore che si lascia travolgere totalmente da uno straordinario  sentimento generato dalla Città di Napoli, i ricordi che riaffiorano dirompenti ed una riflessione personale sul proprio vissuto e sulle esperienze passate. E' uno sguardo curioso, spinto dall'esigenza di indagare uno spazio circostante che diviene  tempo nel quale poter ritrovare elementi, tracce, utili per riscoprire e resuscitare certe predisposizioni ed impressioni d'animo ormai lontane, sepolte nel profondo. Ed allora pare, che molto piu' di vedere, questo sguardo "senta" fino al tremare, travolto dall'emozione e da una sensibilità smisurata. (V.P)


La Cantata dei giorni dispari, prova a raccontare con la fotografia i miei ultimi sei anni in cui le dinamiche di vita personale mi hanno riportato nella mia terra d’origine lasciata per lavoro più di trent’anni fa.
Il titolo è apertamente ispirato all’opera di Eduardo De Filippo che sotto i termini di “Cantata dei giorni dispari” e “Cantata dei giorni pari” raccolse un ampio numero di commedie scritte nell’arco di decenni. In quel contesto i "giorni dispari" sono intesi come giorni negativi, a differenza dei "giorni pari", fortunati e felici.
In questi anni ho raccolto quasi duemila fotografie che mi permetterebbero di rappresentare Napoli da punti di vista ogni volta completamente diversi, come ad esempio da una finestra di una foresteria tra le pieghe di una tenda, oppure attraverso i volti della gente incontrata nei vicoli, o ancora simbolicamente descritta attraverso i numeri della smorfia napoletana dove cabala e vita reale si miscelano incredibilmente in un tutt’uno senza differenza alcuna.
Proprio per questo, come per Eduardo De Filippo nella sua opera, mi sono ritrovato a raccogliere tutto ciò che sentivo necessario e urgente fotografare sul filo conduttore della “mestizia” come scrive nella sua introduzione all’opera il maestro Francesco Cito.
Il libro e poi la mostra è, pertanto, solo uno dei tanti spaccati possibili in cui le immagini presenti provano ad accompagnare l’osservatore suggerendogli un qualcosa di quel che ho provato nel mio ritorno in questa meravigliosa città, tanto amata, cantata, rappresentata da volti e personaggi unici, in cui anche le dinamiche difficili esistenti assumono una vena poetica che probabilmente nasconde l’aspetto critico e di disappunto che ho per alcune cose. Tutto questo ha creato in me una moltitudine di punti di vista, ognuno difficilmente eliminabile ma terapeuticamente necessari ad essere approfonditi per provare a comprendere ciò che è stato del mio vissuto e dare un perché a ciò che mi ha spinto ad allontanarmi.
Ho sempre pensato che Napoli avesse con sé due forze. La prima, la più forte, ti spinge ad andare lontano pensando di avere delle possibilità maggiori che non percepisci nel tessuto sociale e ambientale esistente. La seconda, viceversa, prende corpo e si concretizza quando oramai da lontano riguardi indietro, maturo e consapevole, il tuo cammino fatto. Essa si tramuta in una forza impetuosa che agisce attraverso i ricordi e a volte la nostalgia, spingendoti al ritorno e al tentativo vano di comprenderla e accettarla osservandola con altri occhi.
Non sono sicuro di esserci riuscito. (Umberto Verdoliva)








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