L'artificiale si scontra con la natura; le costruzioni, i palazzi, le strade, elementi necessari al nostro vivere che occupano la terra, il paesaggio si impongono decisi modificando ed occupando lo spazio terreno. Ormai, completamente assuefatti, i nostri occhi, specialmente di coloro che sono nati e cresciuti in una città o metropoli, percepiscono come assolutamente naturali quelle geometrie di acciaio, i sempre più numerosi agglomerati di cemento e le infinite distese di asfalto che ci circondano; questi infatti sono diventati parti imprescindibili di quella giungla artificiale che l'uomo si è costruito, divenuta il simbolo della civiltà e del progresso raggiunti durante il corso della sua storia evolutiva.
Grazie agli stupendi bianco e nero del fotografo Mitia Dedoni è possibile così confrontare in maniera molto stimolante due mondi complementari o meglio una realtà unica in divenire cercando di capire le modalità attraverso le quali l'uomo trasforma il territorio e lo spazio in cui vive.
L'eleganza e la superba resa visiva, di forte impatto, che caratterizza queste immagini, ci permette anche di osservare in quale modo stiamo modificando la natura e l'ambiente che ci circonda, come stiamo occupando ed intervenendo sullo spazio avendo come inesorabile conseguenza quella di far scomparire elementi naturali a discapito di costruzioni artificiali; queste opere umane finiranno inevitabilmente per costituirsi come specchio della qualità delle scelte intraprese nel corso della nostra esistenza comune. Stiamo allora adoperando il giusto approccio applicando decisioni rispettose e di buon senso nei confronti della natura e l'ambiente che permette la nostra sopravvivenza oppure ci stiamo dirigendo verso una strada sbagliata e pericolosa, perseguendo modelli di sviluppo fortemente invasivi, nonché nocivi verso il pianeta e verso noi stessi?
Il merito della fotografia di Mitia Dedoni è quello di interrogarsi e condurre una ricerca su queste tematiche di grande attualità ed interesse universale, finendo per conquistare inevitabilmente la nostra curiosissima attenzione. (V.P)