Lo splendido reportage firmato dal fotografo Fabio Moscatelli ci catapulta direttamente in una delle realtà più tragiche e problematiche esistenti al mondo: il suolo della Palestina.
La fotografia di Fabio sembra creare un tunnel spazio-temporale che ci trasporta direttamente in prima persona nei pressi del check point di Betlemme:
"……dove ogni mattina transitano centinaia di palestinesi, in attesa di un'autorizzazione per potersi recare al lavoro.
L'alba non ha ancora fatto capolino nel nostro orizzonte, e la luce dell'unico lampione ritto sulla stradina, ha come compagnia la fiammella di un fornello elettrico su cui si scalda caffè o te alla menta, compagni di viaggio nel tunnel che introduce al controllo.
Una varietà di volti mi osserva da dietro quelle sbarre, limiti di un corridoio in cui si sente odore di speranza e di grande dignità; non so se riesco a fotografare, penso dentro di me, potrei perdere quegli sguardi, forse è preferibile imprimerli nei miei stessi occhi piuttosto che su una memory card.
Una mano mi allunga un bicchiere di te, accetto subito, conosco la genuina ospitalità palestinese; il sapore della menta mi inebria, sembra quasi volermi scuotere, insieme a più di una voce vicina che mi invita a fotografare per dimostrare e soprattutto mostrare questo aspetto della loro vita.
Non c'è nulla di drammatico o doloroso, questa coda umana è una routine quotidiana per loro, e spesso i sorrisi, una sigaretta e una chiacchiera, aiutano a render meno noiosa l'attesa.
Una donna passa nella mia stessa corsia, quella riservata agli internazionali e alle donne stesse, che non sempre la utilizzano, preferendo restare accanto ai loro uomini; anche questa è dignità...
Sono le 06:30, il tempo è volato, almeno per me; ho fotografato, scambiato parole con i palestinesi, fotografato...non posso accedere al controllo, troppo rischioso per le mie foto, testimonianza preziosa di questa alba di ordinaria follia.
Il sapore del te è ormai svanito,è rimasto quello dell'amarezza...."
Il fotografo con stile documenta e ci racconta un aspetto tragico che è diventato oramai "normalità", come scrive più sopra, nelle vite di centinaia, migliaia di persone che vivono in quei territori. Il lungo corridoio fatto di sbarre sembra infatti ricordare lo stesso che molto facilmente è possibile osservare all'interno dei circhi, utilizzato per il passaggio delle tigri o leoni quando questi vengono condotti dalle proprie "celle" fino allo spazio principale dove si svolgerà lo spettacolo; ma a Betlemme non di bestie si tratta, ma di uomini, ragazzi, padri di famiglia che cercano di vivere, sopravvivere e gli piacerebbe farlo in modo assolutamente normale.
Utilizzando uno stile distaccato che non tende a cercare una connessione empatica con i soggetti ritratti ma la cui principale finalità è quella di documentare in modo più vero e reale senza alterare la scena e la situazione osservata, Fabio e la sua fotografia riescono a farci vivere una situazione così drammatica fin dentro le nostre ignare coscienze. Lasciando da parte improponibili e districate riflessioni politiche sulla delicatissima questione israelo-palestinese immaginiamoci soltanto per un momento se tutti i giorni per andare al lavoro o ad un appuntamento importante o semplicemente a trovare i nostri genitori ci trovassimo nella situazione vissuta da quelle persone, in fila per ore all'interno di quel recinto di sbarre, quotidianamente trattate senza rispetto e dignità. Un reportage di grande valenza sociale che ha lo scopo di informare e scuotere le coscienze, duro come il metallo di qualsiasi sbarra, grigio come il colore di qualsiasi muro che divida, dotato di una grana evidente, forte, perché vero e carico di emozioni; il grande talento fotografico di Fabio Moscatelli è dimostrato in questa immagini dalla sua capacità di cogliere dettagli dotati di un grandissimo valore e significato, capaci di ambientare la scena, la situazione amplificandone la valenza comunicativa, riuscendo a trasmettere un messaggio importante, di denuncia capace di allargare la conoscenza che noi tutti abbiamo dei tempi che stiamo vivendo. (V.P)